Punti di vista
Approfondiamo i temi della nostra ricerca e del lavoro attraverso seminari e convegni, articoli, saggi, e altro
Guardare insieme nella stessa direzione
Addentriamoci nelle soffitte e nelle cantine, apriamo i cassetti dei nostri genitori o dei nostri nonni, visitiamo ambienti a noi cari ma che non appartengono più alla nostra quotidianità, è un invito a seguirci alla scoperta degli archivi privati visivi.
Nelle nostre case si cela un enorme patrimonio di immagini, dimenticate da anni, destinate all’oblio, forse perdute durante qualche trasloco, se non addirittura gettate perché ritenute superflue. Sono le fotografie, in formati e stampe diverse, racchiuse in album scoloriti oppure sparse nelle scatole, sono bobine colorate di plastica o contenitori di latta, che racchiudono le pellicole cinematografiche amatoriali, i cosiddetti “filmini”. Le fotografie si prestano alla visione immediata, più difficile per le diapositive. Le pellicole restano oggetti misteriosi, il vecchio cineproiettore non funziona più, è problematico vedere cosa contengono.
Cosa ci raccontano di significativo queste pellicole, fotografie private, video analogici, oggetti del secolo scorso?
Sguardi in camera si occupa di archivi visivi privati, invitiamo i cittadini, gli appassionati di fotografia, i foto e cine-amatori, a recuperare fondi (film 9,5mm, 8mm Super8 e 16mm e fotografie) prima che vadano dispersi. In questi supporti analogici sono racchiuse storie private, parte della nostra storia.
Una volta raccolte le pellicole, ha inizio un percorso di grande cura e attenzione, dal restauro conservativo, alla ricerca e catalogazione fino al trasferimento in digitale.
Questo è possibile soprattutto grazie al lavoro di collaborazione con Home Movies – Archivio nazionale dei film di famiglia (Bologna), il primo archivio italiano ad occuparsi del cinema privato.
Perché questo interesse, perché rivolgere lo sguardo, un po’ indiscreto, forse, su reperti, frammenti di memoria? Cosa si nasconde di così significativo dietro quei sorrisi, quei gesti, quei movimenti degli occhi?
I film di famiglia, come le fotografie, nascono per un pubblico ristretto, mostrano le persone, gli eventi e i riti famigliari, fissano attimi, aiutano a ricordare. La pratica è simile nell’uso che facciamo oggi del telefonino e della videocamera, eredi della cinepresa e della macchina fotografica, altro non sono che delle macchine della memoria, cioè servono a fissare ricordi, fermare attimi, e su questo rinsaldare identità e affetti.
Perché se vogliamo comprendere come vivevano i nostri genitori, come si divertivano i nostri nonni, quali erano i loro legami o come scoprivamo le vacanze al mare o in montagna, come siamo passati da una antica società contadina patriarcale ad una società moderna, negli anni del “miracolo economico”, queste immagini sono rivelatorie, sono un vero e proprio patrimonio culturale inedito.
Le immagini private sono dispositivi della memoria che non hanno solo valore e funzione per chi all’epoca le ha realizzate – e magari adesso non è più con noi – ma sono utili per capire e immaginarsi un’altra storia, per guadare tutti assieme nella stessa direzione oppure volgere lo sguardo oltre.
…e allora gli sguardi si incrociano e accade quello che afferma Roger Odin: «Guardare nella macchina da presa è come guardare assieme nella stessa direzione».
La rubrica avrà una cadenza mensile, mostreremo fotografie di famiglia, fotogrammi tratti da pellicole amatoriali, brevi sequenze di film, ci soffermeremo ad osservarle non come parenti, famigliari o amici a cui erano originariamente destinate, ma le analizzeremo come “documenti”, in un cambio di prospettiva.
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